Non avevo mai veramente preso in
considerazione il Copale prima di questa occasione di studio, ne
possedevo due qualità comprate moltissimi anni fa, una
delle
due sicuramente alla
Libreria Ecumenica che c’era nel mezzanino della metro San Babila a
Milano, l’altra.. non ricordo. Purtroppo all’epoca non fui
molto precisa, rovesciai le resine dalle bustine nei barattoli e ci
scrissi sopra “Copale” e basta, quindi
non saprò mai da quale albero di quale parte del mondo esse vengano,
sono
anche molto vecchie, e quindi credo praticamente inadatte alla
fumigazione.
In realtà non avrei dato molto peso al Copale,
se non
fosse che studiando una
delle mie resine preferite e cioè il Dammar (ne parlo sempre, lo
so), lo trovo imparentato sia con l’Elemi che con il
Copale e anzi spesso, la
stessa resina di una specie botanica
a volte viene chiamata Dammar, a volte Copale.
Anche qui ho
tentato di fare un po’ d’ordine anche se alla fine di questo
studio, ho capito che classificare ESATTAMENTE i nomi botanici di
queste piante resinose ed associare ad essi le rispettive resine con
i loro molteplici nomi, è praticamente impossibile (almeno per
me). Ma via con la prima "diapositiva" ^_^
Fai
clic sull’immagine per ingrandirla. Si tratta di totale farina del
mio sacco, quindi se sei onesto, non riprodurla (Il nome esatto è DIPTEROCARPACEAE, manca una "A")
Il
primo D.
che
ho avuto a
casa(che
ho ancora ma che è talmente vecchio che gettato sul carbone, non
fuma più,
annerisce e basta), proveniente
da Shorea Selanica,si
presenta come
scaglie bianchissime,
praticamente trasparenti, di
consistenza vetrosa.
In
seguito ho
avuto la possibilità di provare
il Sal (Shorea
Robusta) di consistenza completamente diversa, resinosa, più simile
al Benzoino di Sumatra..
Le
prime notizie botaniche che lessi a proposito, dicevano che il D.
viene
dalla
famiglia
delle Dipterocarpaceae,
del genere
Shorea (specieRobusta
e
Selanica)
e genereHopea.
Spesso ci si imbatte nella dicitura “Shorea Wiesnerii”, essa si trova elencata in molti siti web
come un’importante fonte di Dammar, tuttavia, questo sembra essere
un nome commerciale o un sinonimo. Con
la dicitura Hopea, non si trova alcun riferimento a piante di questo
genere che producano D., ma basta usare il suo sinonimo
“Belanocarpus” che, con un po' di fatica, si incontra la specie
Heimii che a sua volta produce un D. di ottima qualità chiamato
Damar (con un m. sola) Penak. La
specie Hypochra, che produce il D. Temak, di buona qualità, è,
insieme alla Shorea Selanica, in pericolo critico di estinzione. Per
finire,
come
abbiamo già visto, il D. viene
prodotto anche dalla
specie
Canarium
strinctum dellefamigliaBurseraceae. Il
perché - a resine diverse di
alberi di famiglie botaniche diverse che crescono in due
angoli lontanissimi del globo, venga
dato lo stesso nome - non
mi fa dormire la
notte. Il
punto è che in magia così come per fumigazione per scopo ricreativo, il
Dammar è poco conosciuto e
usato,
lo è di più come vernice di finitura per pittura artistica e
poi, come dicevo, molte di queste specie sono purtroppo in via
d’estinzione..
So
che ho detto che non avrei parlato di profumi, ma il D. nei miei recettori olfattivi è addirittura “evocativo”.
Per me ha un odore “fresco e salato”, lo so che salato non vuol
dire niente, ma è così che lo sento; avvolta nel suo fumo, a volte, mi fa
ricordare le cose che ho dimenticato, a volte le persone del passato e a volte mi provoca uno sfogo di emozioni, cosa che lascio che avvenga perché ne percepisco la "necessità"
Continuo anche se sono già abbastanza confusa, e sul mio cammino profumato trovo altre due famiglie
botaniche
Di
questo ultimo schema vorrei far notare solo due cose: che due alberi
della stesso genere (Aghatis), producono uno il Dammar, l'altro il
Copale; e che la resina della specie Dammara viene chiamata sia
Dammar (Cat-Eye), sia Copale Scuro.
Per finire, recentemente è
apparso un articolo sull'American Botanical Journal, secondo cui, da
poco tempo si tende a considerare la specie
Agathis
Dammara, come l'unica vera fonte esclusiva del Dammar.
Ne
prendiamo atto.
Nei prossimi articoli, parleremo di
qualche resina per fumigazione svincolata dalle grandi famiglie
botaniche
(il Sangue di Drago, la Sandracca, il mastice di Chio), di libri,
faremo un po' di pratica e poi qualche ricetta.
Vi aspetto. Sara
Ancora
un breve post per parlare di un’unica famiglia di
piante
che producono
resine adatte alla fumigazione, prima
di passare all’intricato mondo di Dammar e Copale.
Oggi
parliamo della grandissima famiglia
botanica delle Apiaceae. Ne fanno parte numerosissime piante molto
conosciute come l’Angelica, la Cicuta, l’Aneto, il
Sedano, il Cumino, la Carota, il Finocchio, il Levistico, il
Cerfoglio, il Prezzemolo, l’Anice
e la Pastinaca. Ma
oggi, ci occupiamo di soli tre
generi appartenenti
alla famiglia
delle Apiaceae: l’OPOPANAX, la FERULA e il CORIANDRUM.
Fai
clic sull’immagine per ingrandirla (si tratta di totale farina del
mio sacco, quindi, se sei una persona onesta, non riprodurla). È "APIACEAE", manca una "A"
Ho
preso in considerazione il genere Opopanax
nella prima colonna, per distinguerlo bene
dall’Opoponax
(la
a e la o, a quanto pare, sono intercambiabili),
che
è un genere
di Mirra (Commiphora
Sessiliflora – Guidotti) di
cui abbiamo già parlato. Al
genere
Opopanax appartiene la specie
CHIRONIUM (l’ho trovato scritto anche “Chironius” e
“Chironicum”), che
produce l’Opopanax comune, sulle
cui qualità, ho letto pareri molto discordanti: alcuni pensano che
il suo profumo sia simile alla Mirra, altri (me compresa), lo
considerano inadatto alla fumigazione, e
poco
importa visto che pare sia di
difficile, se non impossibile reperimento.
Passando
al genere
“Ferula”,
troviamo
l’Assa Foetida, detta
anche “finocchio fetido”, “sterco del diavolo” o “concime
del diavolo”.
A Unguentorum con Matteo raccontiamo sempre di un viaggio terribile
di ritorno da
Roma con una piccola quantità di Assa, ben chiusa in due contenitori
ma che ha appestato l’auto
con
il suo odore pungente misto fra aglio e cipolla. L’Assa
è un ingrediente della cucina indiana, in occidente fortunatamente è
poco conosciuta, fino a qualche anno fa infatti, era presente negli
ingredienti del dado da cucina, ora,
resiste solo nella ricetta della
salsa
Worcestershire. Siccome
purtroppo siamo in tema Pandemia, volevo riportare il fatto che in
un articolo apparso sull’ Amercian
chemical society’s journal of natural products, è apparso uno
studio sulla
radice di questa pianta che
pare contenga
composti antivirali naturali e che sia stata usata nel 1918 per
arginare la pandemia di Influenza spagnola.
Un’
ultima cosa volevo riportare per mio personale interesse, è che
l’Assa, è sorella del Silfio, una pianta ormai estinta che secondo
la leggenda era un dono del Dio Apollo, era
ampiamente utilizzato nella maggior parte delle culture mediterranee
e i romani lo consideravano valere il suo peso in denari.Veniva
usata già nella civiltà egizia per l'interruzione volontaria delle
gravidanze. Avevo sempre sentito parlare del Galbano e non lo avevo mai avuto, provato ne usato, anche perché è molto costoso. Finalmente ho avuto la possibilità di provarlo e quando sono andata a cercarne informazioni ho avuto la sorpresa che è cugino dell’Assa. Si tratta di una resina molto morbida che difficilmente secca con il tempo a contatto con l’aria, per farlo entrare in un barattolo ho dovuto mettere la busta nel congelatore. Ha un odore molto forte che qualcuno potrebbe trovare davvero esagerato, si sentiva anche da chiuso in doppia busta e l’odore è rimasto nell’aria per molto tempo, finché non sono riuscita a chiuderlo in un barattolo. Per usarlo si possono modellare delle sferette grosse come la capocchia di uno spillo e gettarle sulla pastiglia di carbone.
Vi
sembrerà strano che con tutte le piante della famiglia delle
Apiaceae che vi ho nominato, sia andata ad inserire nei miei studi
proprio il Coriandolo,
ma
voglio svelarvi uno dei miei “segretucci” per le fumigazioni.
Di
questa pianta si utilizzano i frutti che sembrano dei semini tondi e
secchi,
e,
a
parte che l’odore può essere diverso per tutti, per me sa di
profumo di camino in autunno (che adoro) e aggiunge “intensità”
alle miscele, cioè, è come se le esaltasse. Un
secondo motivo del mio affetto per il Coriandolo
è che compare in molte ricette del Kyphiche
è una miscela per fumigazioni degli antichi Egizi di ricetta
incerta, quasi
sicuramente perduta, a causa delle traduzioni e dell’estinzione di
alcune specie.
Sono sempre stata sostenitrice del fatto che non è
necessario rivolgersi a tradizioni estere, nemmeno per praticare la
stregoneria delle erbe (ne parlavo con la mia adorata Cinzia proprio
l’altra sera), ma dopo tanti anni passati a gettare nel calderone
Salvia e Rosmarino, un po’ di curiosità viene. Allora, dopo
aver consultato diverse ricette,
mi sono cimentata nella preparazione del Kyphi e il risultato è
stato accettabile. Mi
piacerebbe parlarvene e non è detto che in futuro non lo faccia.
Infine
vorrei anticiparvi una delle mie
ricettepreferite,
sono tutti ingredienti di facile reperimento.
Il Coriandolo,
unito a Olibano,
Mirra e
Resina di
Mastice in parti uguali,
riporta equilibrio negli ambienti in cui non regnano pace e armonia,
dove si sono avuti litigi o dove vi sono frequenti movimenti di
persone. Il suo profumo crea un atmosfera armoniosa, ideale per le
riconciliazioni.
Ci vediamo la prossima volta con Dammar e Copale. Nei post successivi parleremo ancora di qualche resina per fumigazione slegata da particolari famiglie botaniche, poi passeremo a qualcosa di più pratico e a qualche ricetta.
Mi spiace solo di non poter essere più veloce ma questo è un periodo un po' buio per tutti. Vi abbraccio. Sara
Prima
di continuare il mio appassionato viaggio nel fantastico mondo delle
resine per fumigazioni, volevo avvisare che l’Accademia delle ArtiMagiche di Torino ha deciso che questo mio
studio sulle resine, diventerà una serata libera, gratuita e aperta
a tutti, che si svolgerà in diretta Facebook, sulla pagina dell'Accademia, una sera dopo cena dopo il
10 Gennaio (appena
possibile ci sarà la data precisa.) Sono
contenta ed emozionata e non vedo l’ora di sapere se come me ci
saranno
altri pazzi interessati a questo argomento . Leggi la PRIMAe la SECONDAparte
Proseguendo
con la mia ricerca, dopo le
Burseraceae,
e
avendone accennato, ero
passata al mio amato Dammar, qui però, mi preme parlare prima di
Storace e Benzoino perché, nell’ambiente esoterico degli ultimi
due decenni, queste due resine rappresentano il secondo gradino di
consapevolezza di chi si avvicina a queste pratiche.
Un altro
motivo è il fatto che parlandone e leggendone i nomi botanici,
spesso si pensa che il nome botanico del Benzoino di Sumatra, Styrax
Benzoin, sia stato in qualche momento della storia e
in qualche modo scambiato con il Balsamo di Storace (che è la
dicitura esatta dello Storace, poi vi dirò il perché), il
cui nome botanico è Liquidambar Stiraciflua.In
realtà sono due famiglie
botaniche ben distinte.
Fai clic sull'immagine per ingrandirla. (Si tratta di totale farina del mio sacco, quindi se sei una persona onesta, per favore, non riprodurla)
Le
Altingiaceae sono un piccola famiglia
di piante che comprende le
specie
Liquidambar Stiracifluae
Liquidambar Orientalis(del
genere
Liquidambar). Il nome di questo genere di piante, fu dato per la prima volta da Linneo nel 1753 ed è composta dal latino “liquidus”, fluido, e dall'arabo “ambar”, ambra, in allusione alla gomma fragrante che trasuda dall'albero. Il suo epiteto specifico "stiraciflua", significa "che scorre con lo storace"
Da queste piante si ricava (in modo un po’ cruento a
dire il vero ç_ç) un’oleoresina fluida di colore chiaro che viene
raccolta in sacche (come il Sangue di Drago) e che a contatto con
l’aria, diventa giallo-bruna, questa si sottopone a cottura in
acqua per togliere le impurità e
quindi
filtrata. Anche
la corteccia viene raccolta, mondata, cotta e pressata, quindi resina
e corteccia vengono mischiate per ottenere il balsamo dall'aspetto di
torba nera, morbido e profumatissimo.
La
famiglia
delle Styracaceae invece comprendetre
generi:
-lo
Storace
(Styrax
Officinalis),
unica specie
diffusa
in Europa, pianta
dai
bei fiori bianchi, bottinata dalle api, NON
resinosa;
-Il Benzoino di Sumatra (Styrax Benzoin) specie
adatta alle fumigazioni;
-Il
Benzoino del Siam (Styrax Tonkinensis) che nonostante
“si dica”
sia il più pregiato, gettato
sul carboncino ha
uno
sgradevole odore di canotto bruciato. Sciogliendo
la resina in alta gradazione alcoolica, viene utilizzata
come anti tarlo e in liuteria per dare lucentezza.
Ma
adesso che ho fatto tutta questa bella introduzione da dove
comincio? Come
abbiamo detto, gli
alberi tropicali che producono resine sono tantissimi, e prenderli
tutti in considerazione sarebbe un
studio lunghissimo,
quindila
scelta è venuta un po’ da se ei
criteri sono stati pressappoco i seguenti.
Olibano Boswellia Carterii
Prima
ho scelto
l’Olibano che
è l'incenso più famoso e usato e
tanti
suoi “fratelli”, poi la Mirra
e tante
sue “sorelle”; poi le altre resine che cita Matteo durante Unguentorum
in Accademia (tranne il Sangue di Drago, poi vi dirò il perché), che sono:
Assa Fetida, Benzoino, Storace ed
Elemi; poi ho aggiunto quelle che piacciono particolarmente a me come
il Dammar (e
di conseguenza sono arrivata al Copale),
poi volevo ASSOLUTAMENTE chiarire l’errore che si fa sempre fra
Benzoino e Storace, pensando che vengano dalla stessa pianta oppure
che si scambino i nomi botanici, infine
volevo citare
semplicemente quelle che ho avuto la fortuna di provare, e qui c’è
uno dei miei
punti fermi.
Tutto ciò di cui vi parlo lo conosco, lo uso pressoché
giornalmente,
lo sperimento, lo giudico e
ne
parlo da
due decenni.
Mirra Commiphora Myrrha
Non
mi sentirete parlare di terpeni (che,
dice Wikipedia:“...vengono
prodotti da molte piante soprattutto conifere e da alcuni insetti, sono i componenti principali delle resine e degli oli
essenziali delle piante, miscele di sostanze che conferiscono a ogni
fiore o pianta un
caratteristico
odore o aroma...") perché
non ne so niente ^^’,enon
mi sentirete descrivere i profumi delle resine perché ogni essere
umano sente i profumi e
i sapori (e vede i colori) in modo diverso, quindi, se fossimo tutti
insieme davanti al turibolo, si potrebbe discutere circa
i
profumi
che si stanno
sentendo; così, senza “contraddittorio”, che
io vi dica che in questa resina
sento una punta di limone e in quest’altra invece, di canfora,
secondo
me è inutile. Infine,
non sono mai stata brava a fare le corrispondenze: coi pianeti, con gli elementi ecc ecc. (e non mi sono mai
curata di quelle già belle che pronte), questo,
a Unguentorum, è compito di Matteo e caso mai, io chiedo a lui.
^^’
A questo punto qualcuno si chiederà, ma se non parli di
questo e non parli di quello, di qualcosa almeno parli? Sì sì
amici,
vi parlo delle mie amate PIANTE.
Come
vi dicevo, resine più conosciute come l’Olibano e la Mirra, e
tutti i loro simili vengono per lo più da alberi tropicali che
spesso vivono in Oman, Etipia, Somalia, Iran, Sudan,
cioè
posticini che nel nostro limitato immaginario di occidentali
capitalisti, appaiono posti lontanissimi e inospitali e in
questo, un
po’ di verità in effetti c’è. Tutte
le specie di Boswellie, sono minacciati dalla perdita di habitat, crescono in regioni aspre e aride, afflitte
da povertà e conflitti, la raccolta e la vendita della resina
dell'albero sono delle poche fonti di reddito per gli abitanti con la conseguenza del sovra-sfruttamento.. Ma
cominciamo proprio dalle Boswellie, che devono il loro nome a Sir John Thomas Boswell (1822-1888) e che a noi, abituati a monumentali abeti di
quaranta metri, paiono alberelli bruttini e
rinsecchiti. Nell’immagine che segue, il genere
Boswellia è compresa nella grande famiglia
delle Burseracee, con tutti gli altri generi e specie che vi
appartengono:
Fai
clic sull'immagine per ingrandirla. (Si tratta di totale farina del
mio sacco, quindi se sei una persona onesta, per favore, non
riprodurla) È BURSERACEAE, manca una "A" So
che adesso starete pensando che sono andata completamente giù di
barellache
un po’ sarà anche vero, ma non preoccupatevi, non ho NESSUNA
intenzione di parlarvi di ognuna di queste piante nel dettaglio, ma
solo di farvi capire da dove vengono le resine che usiamo sia in
magia, sia semplicemente per “scopo ricreativo” e di come sono
imparentate fra loro, cosa che sinceramente a me, ha colpito molto.
Prima di tutto, voglio che sia chiaro che, se il vostro intento
sono
magia/stregoneria, NON
È ASSOLUTAMENTE NECESSARIO che possediate tutte queste resine, anzi,
in realtà potrebbe bastare anche solo l’Olibano (seee, voglio
vedervi quando inizierete ad appassionarvi! ^_^), poi che non tutte
le resine hanno un profumo del tutto gradevole: ad esempio, per me
sono gradevoli TUTTE le Boswellie al contrario delle Commiphore di
cui non me ne piace nemmeno una; mi
piacciono metà degli Elemi, e un Copale sì e tre no e così via, ma
per voi potrebbe essere tutto il contrario.
Gli schemi (e sì,
questo non è l’unico ^^’) sono fatti pressappoco tutti nello
stresso modo: FAMIGLIA,
GENERE,
SPECIE,
in
alcune famiglie ho dovuto inserire anche sottofamiglia
e tribù,
perché altrimenti i collegamenti si interrompevano e non era
possibile risalire alla famiglia
o da questa scendere fino alla singola specie.
In
alcuni casi, sottofamiglia e tribù sono stati omessi perché
altrimenti, per disegnare le discendenze avrei dovuto usare fogli in
A3.in
alcuni casi, le sottofamiglie prendono più di un nome, perché nella
storia, al momento della classificazione delle piante, magari due
persone in due diversi angoli del mondo, hanno dato nomi diversi alla
stessa sottofamiglia, oppure, con il passare dei secoli e delle
scoperte scientifiche, conoscendole meglio, le piante sono
passate da una famiglia all’ altra.
Lo
so, questo punto è un po’ incasinato, pensate a quanto ci ho
sbattuto la testa quando ho
visto che la
specie di una resina o i suoi nomi commerciali o di fantasia vengono
associati a nomi botanici (quelli in latino) diversi.
Per cui,
quelli che ho trovato li ho messi tutti:
nomi botanici, eventuali nomi
italiani ed esteri, nomi che si riferiscono alla zona
di provenienza, nomi commerciali, nomi di scopritori/osservatori, ad
esempio
la Commiphora Sessiliflora a quanto pare, l’ha scoperta il sig.
Guidotti (che
al mio paese è quello dei mobili -.-) Uno
di questi casi sbucherà anche a proposito del mio amato
Dammar.
Burseraceae
Per quanto riguarda la prima colonna e cioè il genere
Boswellia, troviamo subito il nostro amato Olibano (dall’Arabo
al-luban, il latte) e sotto alcuni suoi fratelli. Queste resine sono anche molto diverse fra loro,
mentre l’O. si
presenta sotto forma di “lacrime” che vanno dal bianco al giallo
ocra, lo Yebahar (B.
Frereana) per
esempio sembra una corteccia grigia. L’olibano (B. Carterii) deve il suo nome al medico inglese H.J. Carter, che nel 1846 formulò per primo una definizione botanica della pianta. Esso, viene spesso chiamato “Franchincenso”, (dal
francese franc encens, incenso di alta qualità), in
realtà la parola indica anche la
B. Sacra, la Frereana e la Serrata, (raramente la
Papyrifera). In
questo schema ci sono solo
le B, che io ho avuto la fortuna di provare, ce ne sono molte altre,
non tutte resinose e alcune la cui resina non è adatta alle
fumigazioni.
Come vi ho detto, gran parte di questi alberi sono
in pericolo o minacciati (cioè diversi gradi di classificazione
dello stato degli esseri viventi) di estinzione.
Solo
un breve accenno alle Commiphore
per
sottolineare che sono parenti strette delle Boswellie
e che quindi Olibano
e Mirra sono resine della stessa famiglia. Incenso…
Mirra… non vi ricordano niente insieme a qualcos’altro? Ad
esempio l’oro? Oro incenso e mirra, i doni dei tre Magi nella
mitologia della Natività Cristiana, sembra
che
anche quell’ ”oro” fosse in realtà la resina di un albero e pare
che nei
secoli e
nelle trascrizioni dall’aramaico al greco, al latino e chissà
quante
e quali
altre lingue,
la terza resina si sia trasformata in oro (Copale Oro forse?)
Dopotutto all’epoca le resine, che
si usavano per curare, per conservare, per fissare i profumi, per
imbalsamare i cadaveri, per coprire gli odori dei sacrifici animali e
nei culti religiosi,
erano più preziose
dell’oro stesso.
Nella
terza colonna ecce Canarium. È
strano come in realtà, tutto questo monumentale approfondimentosia
nato proprio a causa di due delle mie resine preferite, l’Elemi
e
il
Dammar,
sia cominciato tutto perché al solstizio d’ Estate, qualcuno
dell’Accademia mi aveva chiesto di parlare dell’Elemi e come,
essendo lontana, per accontentarli, avessi mostrato l’E. in un
video.
Riguardandomi
come faccio spesso (anche con film e libri)
con ciò
che mi piace, le caratteristiche botaniche delle due resine, leggo:
Elemi→Canarium
Luzonicum e Dammar→Canarium Strictum
Confusione, ho consultato anche il Venerabile Maestro d’Incensi Romeo che
è sempre pronto ad ascoltare i miei scleri botanici, ma
alla
fine dopo mille giri, diversi
libri e decine di siti in italiano e inglese (uno anche in tedesco,
non vi dico a tradurre con Google)
ho confermato questa strana parentela: sono due specie di Canarium:
quello
che fa l’Elemi (Luzonicum)
è
originario delle Filippine, quello che fa il Dammar (Strictum),
tiene
casa nel
sub-continente Indiano.
Uso l'Elemi nella mia piccola pratica stregonica, in particolare quando voglio magari cambiare qualche situazione stagnante, sia a livello personale che lavorativo, quando cioè vorrei che la situazione prendesse una direzione precisa e/o definitiva. Lo uso un po' come una spada per forzare gli eventi, trovo che il suo odore pepato, sia proprio adatto per questo scopo.
Devo ammettere che sono un po’ delusa
e infastidita da queste parentele perché sono ascendente Vergine
e quindi per me, tutto il mondo dovrebbe essere molto meglio
delineato e preciso, ma
portando avanti questo tipo di studi ho imparato una cosa nuova sulle
piante, che le distinzione precise che vorrei tanto, in un mondo così
vasto, abitato da una umanità così diversa e ancora di più, da un
numero di specie vegetali così immenso, è praticamente
impossibile. Nelle
sere
passate in
rete a cercare di “incasellare” il Canarium, faccio un altro giro
del globo, arrivo in Brasile e mi
imbatto nelCanarium
Indicum,
nome comune Icica
Icariba,
che bontà sua, produce il Copale Oro, scopro così che
il Dammar è imparentato anche con il Copale.
Bursera A
questo punto sono disperata,
ma intanto
mi imbatto nel
Palo Santo, li conoscente quei pezzetti di legno dal profumo (per me
esageratamente) dolciastro… Anche
il P.S. è una burseracea
quindi cugina di Incenso e Mirra. Ma
non è solo il legno profumato che si apprezza della Bursera
Graveolens, bensì la sua resina, una delle più rare e costose, il
Copale Nero.
Nell’ultima
colonna ho “dovuto” considerare la
sottofamiglia Protieae,genere
ProtiumCrassipetalum,il
Copale bianco (trovato altrove come Copal Gold) e un’
altro tipo di Copale di cui non ho trovato dettagli.
Mi
rendo conto che questo mio piccolo studio sulle Burseracee, a
qualcuno potrà sembrare esagerato, i veri studiosi invece, lo
troveranno carente e inesatto.
Io ho imparato (e ciò che
seguirà non faràche
confermare la mia impressione) che non è possibile classificare
queste resine in maniera precisa, proprio per il discorso della
varietà botanica, della variabile umana e delle differenze di tempo
e spazio che si trova in mezzo a queste meravigliose
creature.
Per quanto mi riguarda, non avendo alle spalle
studi botanici accademici mi accontento così (ma le incongruenze sui
nomi mi scocciano) e vado avanti per la mia strada.