Leggi anche la I^ II^ III^ e IV^ parte

Non avevo mai veramente preso in considerazione il Copale prima di questa occasione di studio, ne possedevo due qualità comprate moltissimi anni fa, un
a delle due sicuramente alla Libreria Ecumenica che c’era nel mezzanino della metro San Babila a Milano, l’altra.. non ricordo. Purtroppo all’epoca non fui molto precisa, rovesciai le resine dalle bustine nei barattoli e ci scrissi sopra “Copale” e basta, quindi non saprò mai da quale albero di quale parte del mondo esse vengano, sono anche molto vecchie, e quindi credo praticamente inadatte alla fumigazione.
In realtà non avrei dato molto peso al
Copale, se non fosse che studiando una delle mie resine preferite e cioè il Dammar (ne parlo sempre, lo so), lo trovo imparentato sia con l’Elemi che con il Copale e anzi spesso, la stessa resina di una specie botanica a volte viene chiamata Dammar, a volte Copale.
Anche qui ho tentato di fare un po’ d’ordine anche se alla fine di questo studio, ho capito che classificare ESATTAMENTE i nomi botanici di queste piante resinose ed associare ad essi le rispettive resine con i loro molteplici nomi, è praticamente impossibile (almeno per me).
Ma via con la prima "diapositiva" ^_^

Fai clic sull’immagine per ingrandirla. Si tratta di totale farina del mio sacco, quindi se sei onesto, non riprodurla (Il nome esatto è DIPTEROCARPACEAE, manca una "A")

Il primo D. che ho avuto a casa (che ho ancora ma che è talmente vecchio che gettato sul carbone, non fuma più, annerisce e basta), proveniente da Shorea Selanica, si presenta come scaglie bianchissime, praticamente trasparenti, di consistenza vetrosa.

In seguito ho avuto la possibilità di provare il Sal (Shorea Robusta) di consistenza completamente diversa, resinosa, più simile al Benzoino di Sumatra..

Le prime notizie botaniche che lessi a proposito, dicevano che il D. viene dalla famiglia delle Dipterocarpaceae, del genere Shorea (specie Robusta e Selanica) e genere Hopea.
Spesso ci si imbatte nella dicitura “Shorea Wiesnerii”, essa si trova elencata in molti siti web come un’importante fonte di Dammar, tuttavia, questo sembra essere un nome commerciale o un sinonimo.
Con la dicitura Hopea, non si trova alcun riferimento a piante di questo genere che producano D., ma basta usare il suo sinonimo “Belanocarpus” che, con un po' di fatica, si incontra la specie Heimii che a sua volta produce un D. di ottima qualità chiamato Damar (con un m. sola) Penak.
La specie Hypochra, che produce il D. Temak, di buona qualità, è, insieme alla Shorea Selanica, in pericolo critico di estinzione.
Per finire, come abbiamo già visto, il D. viene prodotto anche dalla specie Canarium strinctum delle famiglia Burseraceae.

Il perché - a resine diverse di
alberi di famiglie botaniche diverse che crescono in due angoli lontanissimi del globo, venga dato lo stesso nome - non mi fa dormire la notte.
Il punto è che in magia così come per fumigazione per scopo ricreativo, il Dammar è poco conosciuto e usato, lo è di più come vernice di finitura per pittura artistica e poi, come dicevo, molte di queste specie sono purtroppo in via d’estinzione..

So che ho detto che non avrei parlato di profumi, ma il D. nei miei recettori olfattivi è addirittura “evocativo”.
Per me ha un odore “fresco e salato”, lo so che salato non vuol dire niente, ma è così che lo sento; avvolta nel suo fumo, a volte, mi fa ricordare le cose che ho dimenticato, a volte le persone del passato e a volte mi provoca uno sfogo di emozioni, cosa che lascio che avvenga perché ne percepisco la "necessità"
  

Continuo anche se sono già abbastanza confusa, e sul mio cammino profumato trovo altre due famiglie botaniche

Di questo ultimo schema vorrei far notare solo due cose: che due alberi della stesso genere (Aghatis), producono uno il Dammar, l'altro il Copale; e che la resina della specie Dammara viene chiamata sia Dammar (Cat-Eye), sia Copale Scuro.
Per finire, recentemente è apparso un articolo sull'American Botanical Journal, secondo cui, da poco tempo si tende a considerare la
specie Agathis Dammara, come l'unica vera fonte esclusiva del Dammar.
Ne prendiamo atto.

Nei prossimi articoli, parleremo di qualche resina per fumigazione svincolata dalle grandi
famiglie botaniche (il Sangue di Drago, la Sandracca, il mastice di Chio), di libri, faremo un po' di pratica e poi qualche ricetta.
Vi as
petto.
Sara

Leggi anche la parte sul Sangue di Drago 

Scuola di incenso (quinta parte). Dammar e Copale

domenica 27 dicembre 2020

 Leggi la PRIMA, la SECONDA e la TERZA parte

Ancora un breve post per parlare di un’unica famiglia di piante che producono resine adatte alla fumigazione, prima di passare all’intricato mondo di Dammar e Copale.
Oggi parliamo della grandissima f
amiglia botanica delle Apiaceae. Ne fanno parte numerosissime piante molto conosciute come l’Angelica, la Cicuta, l’Aneto, il Sedano, il Cumino, la Carota, il Finocchio, il Levistico, il Cerfoglio, il Prezzemolo, l’Anice e la Pastinaca. Ma oggi, ci occupiamo di soli tre generi appartenenti alla famiglia
delle Apiaceae: l’OPOPANAX, la FERULA e il CORIANDRUM.

Fai clic sull’immagine per ingrandirla (si tratta di totale farina del mio sacco, quindi, se sei una persona onesta, non riprodurla). È "APIACEAE", manca una "A"

Ho preso in considerazione il genere Opopanax nella prima colonna, per distinguerlo bene dall’Opoponax (la a e la o, a quanto pare, sono intercambiabili), che è un genere di Mirra (Commiphora Sessiliflora – Guidotti) di cui abbiamo già parlato.
Al genere Opopanax appartiene la specie CHIRONIUM (l’ho trovato scritto anche “Chironius” e “Chironicum”), 
che produce l’Opopanax comune, sulle cui qualità, ho letto pareri molto discordanti: alcuni  pensano che il suo profumo sia simile alla Mirra, altri (me compresa), lo considerano inadatto alla fumigazione,
e poco importa visto che pare sia
di difficile, se non impossibile reperimento.

Passando al genereFerula”, troviamo l’Assa Foetida, detta anche “finocchio fetido”, “sterco del diavolo” o “concime del diavolo”. A Unguentorum con Matteo raccontiamo sempre di un viaggio terribile di ritorno da Roma con una piccola quantità di Assa, ben chiusa in due contenitori ma che ha appestato l’auto con il suo odore pungente misto fra aglio e cipolla. L’Assa è un ingrediente della cucina indiana, in occidente fortunatamente è poco conosciuta, fino a qualche anno fa infatti, era presente negli ingredienti del dado da cucina, ora, resiste solo nella ricetta della salsa Worcestershire.
Siccome purtroppo siamo in tema Pandemia, volevo riportare il fatto che in un articolo apparso sull’ Amercian chemical society’s journal of natural products, è apparso uno studio 
sulla radice di questa pianta che pare contenga composti antivirali naturali e che sia stata usata nel 1918 per arginare la pandemia di Influenza spagnola.

Un’ ultima cosa volevo riportare per mio personale interesse, è che l’Assa, è sorella del Silfio, una pianta ormai estinta che secondo la leggenda era un dono del Dio Apollo, era ampiamente utilizzato nella maggior parte delle culture mediterranee e i romani lo consideravano valere il suo peso in denari. Veniva usata già nella civiltà egizia per l'interruzione volontaria delle gravidanze.
Avevo sempre sentito parlare del Galbano e non lo avevo mai avuto, provato ne usato, anche perché è molto costoso. Finalmente ho avuto la possibilità di provarlo e quando sono andata a cercarne informazioni ho avuto la sorpresa che è cugino dell’Assa. Si tratta di una resina molto morbida che difficilmente secca con il tempo a contatto con l’aria, per farlo entrare in un barattolo ho dovuto mettere la busta nel congelatore. Ha un odore molto forte che qualcuno potrebbe trovare davvero esagerato, si sentiva anche da chiuso in doppia busta e l’odore è rimasto nell’aria per molto tempo, finché non sono riuscita a chiuderlo in un barattolo. Per usarlo si possono modellare delle sferette grosse come la capocchia di uno spillo e gettarle sulla pastiglia di carbone.

Vi sembrerà strano che con tutte le piante della famiglia delle Apiaceae che vi ho nominato, sia andata ad inserire nei miei studi proprio il Coriandolo, ma voglio svelarvi uno dei miei “segretucci” per le fumigazioni. Di questa pianta si utilizzano i frutti che sembrano dei semini tondi e secchi, e, a parte che l’odore può essere diverso per tutti, per me sa di profumo di camino in autunno (che adoro) e aggiunge “intensità” alle miscele, cioè, è come se le esaltasse. Un secondo motivo del mio affetto per il Coriandolo è che compare in molte ricette del Kyphi che è una miscela per fumigazioni degli antichi Egizi di ricetta incerta, quasi sicuramente perduta, a causa delle traduzioni e dell’estinzione di alcune specie.

Sono sempre stata sostenitrice del fatto che non è necessario rivolgersi a tradizioni estere, nemmeno per praticare la stregoneria delle erbe (ne parlavo con la mia adorata Cinzia proprio l’altra sera), ma dopo tanti anni passati a gettare nel calderone Salvia e Rosmarino, un po’ di curiosità viene. Allora, dopo aver consultato diverse ricette, mi sono cimentata nella preparazione del Kyphi e il risultato è stato accettabile. Mi piacerebbe parlarvene e non è detto che in futuro non lo faccia.

Infine vorrei anticiparvi una delle mie ricette preferite, sono tutti ingredienti di facile reperimento.
Il
Coriandolo, unito a Olibano, Mirra e Resina di Mastice in parti uguali, riporta equilibrio negli ambienti in cui non regnano pace e armonia, dove si sono avuti litigi o dove vi sono frequenti movimenti di persone. Il suo profumo crea un atmosfera armoniosa, ideale per le riconciliazioni.

Ci vediamo la prossima volta con Dammar e Copale.
Nei post successivi parleremo ancora di qualche resina per fumigazione slegata da particolari famiglie botaniche, poi passeremo a qualcosa di più pratico e a qualche ricetta.

Mi spiace solo di non poter essere più veloce ma questo è un periodo un po' buio per tutti.
Vi abbraccio.
Sara

Leggi anche la QUINTA parte

Scuola di incenso (parte quarta). Opopanax, Assa Foetida, Coriandolo, Kyphi.

mercoledì 23 dicembre 2020

Prima di continuare il mio appassionato viaggio nel fantastico mondo delle resine per fumigazioni, volevo avvisare che l’Accademia delle ArtiMagiche di Torino ha deciso che questo mio studio sulle resine, diventerà una serata libera, gratuita e aperta a tutti, che si svolgerà in diretta Facebook, sulla pagina dell'Accademia, una sera dopo cena dopo il 10 Gennaio (appena possibile ci sarà la data precisa.)
Sono contenta ed emozionata e non vedo l’ora di sapere se come me ci saranno
altri pazzi interessati a questo argomento
.
Leggi la PRIMA e la SECONDA parte

Proseguendo con la mia ricerca, dopo le Burseraceae, e avendone accennato, ero passata al mio amato Dammar, qui però, mi preme parlare prima di Storace e Benzoino perché, nell’ambiente esoterico degli ultimi due decenni, queste due resine rappresentano il secondo gradino di consapevolezza di chi si avvicina a queste pratiche.
Un altro motivo è il fatto che parlandone e leggendone i nomi botanici, spesso si pensa che il nome botanico del Benzoino di Sumatra, Styrax Benzoin, sia stato in qualche momento della storia
e in qualche modo scambiato con il Balsamo di Storace (che è la dicitura esatta dello Storace, poi vi dirò il perché), il cui nome botanico è Liquidambar Stiraciflua. In realtà sono due famiglie botaniche ben distinte.

Fai clic sull'immagine per ingrandirla. (Si tratta di totale farina del mio sacco, quindi se sei una persona onesta, per favore, non riprodurla)

Le Altingiaceae sono un piccola famiglia di piante che comprende le specie Liquidambar Stiraciflua e Liquidambar Orientalis (del genere Liquidambar). Il nome di questo genere di piante, fu dato per la prima volta da Linneo nel 1753 ed è composta dal latino “liquidus”, fluido, e dall'arabo “ambar”, ambra, in allusione alla gomma fragrante che trasuda dall'albero. Il suo epiteto specifico "stiraciflua", significa "che scorre con lo storace"

Da queste piante si ricava (in modo un po’ cruento a dire il vero ç_ç) un’oleoresina fluida di colore chiaro che viene raccolta in sacche (come il Sangue di Drago) e che a contatto con l’aria, diventa giallo-bruna, questa si sottopone a cottura in acqua per togliere le impurità e quindi filtrata. Anche la corteccia viene raccolta, mondata, cotta e pressata, quindi resina e corteccia vengono mischiate per ottenere il balsamo dall'aspetto di torba nera, morbido e profumatissimo.

La famiglia delle Styracaceae invece comprende tre generi:
-
lo Storace (Styrax Officinalis), unica specie diffusa in Europa, pianta dai bei fiori bianchi, bottinata dalle api, NON resinosa;
-Il Benzoino di Sumatra (Styrax Benzoin)
specie adatta alle fumigazioni
;

-Il Benzoino del Siam (Styrax Tonkinensis) che nonostante “si dica” sia il più pregiato, gettato sul carboncino ha uno sgradevole odore di canotto bruciato.
Sciogliendo la resina in alta gradazione alcoolica, viene utilizzata come anti tarlo e in liuteria per dare lucentezza
.

Stavolta sono stata concisa, mi compiaccio.
Alla prossima con Opopanax, Assa Fetida, e Galbano.
Sara

Scuola di Incenso (parte terza). Storace e Benzoino

domenica 13 dicembre 2020

Leggi la PRIMA parte

Ma adesso che ho fatto tutta questa bella introduzione da dove comincio?
Come abbiamo detto, gli alberi tropicali che producono resine sono tantissimi, e prenderli tutti in considerazione sarebbe un studio lunghissimo, quindi la scelta è venuta un po’ da se e
i criteri sono stati pressappoco i seguenti.

Olibano Boswellia Carterii

Prima ho scelto l’Olibano che è l'incenso più famoso e usato e tanti suoi “fratelli”, poi la Mirra e tante sue “sorelle”; poi le altre resine che cita Matteo durante Unguentorum in Accademia (tranne il Sangue di Drago, poi vi dirò il perché), che sono: Assa Fetida, Benzoino, Storace ed Elemi; poi ho aggiunto quelle che piacciono particolarmente a me come il Dammar (e di conseguenza sono arrivata al Copale), poi volevo ASSOLUTAMENTE chiarire l’errore che si fa sempre fra Benzoino e Storace, pensando che vengano dalla stessa pianta oppure che si scambino i nomi botanici, infine volevo citare semplicemente quelle che ho avuto la fortuna di provare, e qui c’è uno dei miei punti fermi. Tutto ciò di cui vi parlo lo conosco, lo uso pressoché giornalmente, lo sperimento, lo giudico e ne parlo da due decenni.

Mirra Commiphora Myrrha

Non mi sentirete parlare di terpeni
(
che, dice Wikipedia: ...vengono prodotti da molte piante soprattutto conifere e da alcuni insetti, sono i componenti principali delle resine e degli oli essenziali delle piante, miscele di sostanze che conferiscono a ogni fiore o pianta un caratteristico odore o aroma...")
perché non ne so niente ^^’, e non mi sentirete descrivere i profumi delle resine perché ogni essere umano sente i profumi e i sapori (e vede i colori) in modo diverso, quindi, se fossimo tutti insieme davanti al turibolo, si potrebbe discutere circa i profumi che si stanno sentendo; così, senza “contraddittorio”, che io vi dica che in questa resina sento una punta di limone e in quest’altra invece, di canfora, secondo me è inutile.
Infine, non sono mai stata brava a fare le corrispondenze: coi pianeti, con gli elementi ecc ecc. (e non mi sono mai curata di quelle già belle che pronte), questo, a Unguentorum, è compito di Matteo e caso mai, io chiedo a lui. ^^’
A questo punto qualcuno si chiederà, ma se non parli di questo e non parli di quello, di qualcosa almeno parli?
Sì sì amici, vi parlo delle mie amate PIANTE.

Come vi dicevo, resine più conosciute come l’Olibano e la Mirra, e tutti i loro simili vengono per lo più da alberi tropicali che spesso vivono in Oman, Etipia, Somalia, Iran, Sudan, cioè posticini che nel nostro limitato immaginario di occidentali capitalisti, appaiono posti lontanissimi e inospitali e in questo, un po’ di verità in effetti c’è.
Tutte le specie di Boswellie, sono minacciati dalla perdita di habitat, crescono in regioni aspre e aride, afflitte da povertà e conflitti, la raccolta e la vendita della resina dell'albero sono delle poche fonti di reddito per gli abitanti con la conseguenza del sovra-sfruttamento..

Ma cominciamo proprio dalle Boswellie, che devono il loro nome a Sir John Thomas Boswell (1822-1888) e che a noi, abituati a monumentali abeti di quaranta metri, paiono alberelli bruttini e rinsecchiti.
Nell’immagine che segue, il genere Boswellia è compresa nella grande famiglia delle Burseracee, con tutti gli altri generi e specie che vi appartengono:

Fai clic sull'immagine per ingrandirla. (Si tratta di totale farina del mio sacco, quindi se sei una persona onesta, per favore, non riprodurla) È BURSERACEAE, manca una "A"

So che adesso starete pensando che sono andata completamente giù di barella
che un po’ sarà anche vero, ma non preoccupatevi, non ho NESSUNA intenzione di parlarvi di ognuna di queste piante nel dettaglio, ma solo di farvi capire da dove vengono le resine che usiamo sia in magia, sia semplicemente per “scopo ricreativo” e di come sono imparentate fra loro, cosa che sinceramente a me, ha colpito molto. 

Prima di tutto, voglio che sia chiaro che, se il vostro intento sono magia/stregoneria, NON È ASSOLUTAMENTE NECESSARIO che possediate tutte queste resine, anzi, in realtà potrebbe bastare anche solo l’Olibano (seee, voglio vedervi quando inizierete ad appassionarvi! ^_^), poi che non tutte le resine hanno un profumo del tutto gradevole: ad esempio, per me sono gradevoli TUTTE le Boswellie al contrario delle Commiphore di cui non me ne piace nemmeno una; mi piacciono metà degli Elemi, e un Copale sì e tre no e così via, ma per voi potrebbe essere tutto il contrario.

Gli schemi (e sì, questo non è l’unico ^^’) sono fatti pressappoco tutti nello stresso modo: FAMIGLIA, GENERE, SPECIE, in alcune famiglie ho dovuto inserire anche sottofamiglia e tribù, perché altrimenti i collegamenti si interrompevano e non era possibile risalire alla famiglia o da questa scendere fino alla singola specie. In alcuni casi, sottofamiglia e tribù sono stati omessi perché altrimenti, per disegnare le discendenze avrei dovuto usare fogli in A3. in alcuni casi, le sottofamiglie prendono più di un nome, perché nella storia, al momento della classificazione delle piante, magari due persone in due diversi angoli del mondo, hanno dato nomi diversi alla stessa sottofamiglia, oppure, con il passare dei secoli e delle scoperte scientifiche, conoscendole meglio, le piante sono passate da una famiglia all’ altra.

Lo so, questo punto è un po’ incasinato, pensate a quanto ci ho sbattuto la testa quando ho visto che la specie di una resina o i suoi nomi commerciali o di fantasia vengono associati a nomi botanici (quelli in latino) diversi.
Per cui, quelli che ho trovato li ho messi
tutti: nomi botanici, eventuali nomi italiani ed esteri, nomi che si riferiscono alla zona di provenienza, nomi commerciali, nomi di scopritori/osservatori, ad esempio la Commiphora Sessiliflora a quanto pare, l’ha scoperta il sig. Guidotti (che al mio paese è quello dei mobili -.-)
Uno di questi casi sbucherà anche a proposito del mio amato Dammar.

Burseraceae
Per quanto riguarda la prima colonna e cioè il genere Boswellia, troviamo subito il nostro amato Olibano (dall’Arabo al-luban, il latte) e sotto alcuni suoi fratelli. Queste resine sono anche molto diverse fra loro, mentre l’O.
si presenta sotto forma di “lacrime” che vanno dal bianco al giallo ocra, lo Yebahar (B. Frereana) per esempio sembra una corteccia grigia.
L’olibano (B. Carterii) deve il suo nome al medico inglese H.J. Carter, che nel 1846 formulò per primo una definizione botanica della pianta. Esso, viene spesso chiamato “Franchincenso”, (dal francese franc encens, incenso di alta qualità), in realtà la parola indica anche la B. Sacra, la Frereana e la Serrata, (raramente la Papyrifera).
In questo schema ci sono solo le B, che io ho avuto la fortuna di provare, ce ne sono molte altre, non tutte resinose e alcune la cui resina non è adatta alle fumigazioni.
Come vi ho detto, gran parte di questi alberi sono in pericolo o minacciati (cioè diversi gradi di classificazione dello stato degli esseri viventi) di estinzione.

Solo un breve accenno alle Commiphore per sottolineare che sono parenti strette delle Boswellie e che quindi Olibano e Mirra sono resine della stessa famiglia.
Incenso… Mirra… non vi ricordano niente insieme a qualcos’altro? Ad esempio l’oro? Oro incenso e mirra, i doni dei tre Magi nella mitologia della Natività Cristiana, sembra che anche quell’ ”oro” fosse in realtà la resina di un albero e pare che nei secoli e nelle trascrizioni dall’aramaico al greco, al latino e chissà quante e quali altre lingue, la terza resina si sia trasformata in oro (Copale Oro forse?) Dopotutto all’epoca le resine, che si usavano per curare, per conservare, per fissare i profumi, per imbalsamare i cadaveri, per coprire gli odori dei sacrifici animali e nei culti religiosi, erano più preziose dell’oro stesso.

Nella terza colonna ecce Canarium.
È strano come in realtà, tutto questo monumentale approfondimento sia nato proprio a causa di due delle mie resine preferite, l’Elemi e il Dammar, sia cominciato tutto perché al solstizio d’ Estate, qualcuno dell’Accademia mi aveva chiesto di parlare dell’Elemi e come, essendo lontana, per accontentarli, avessi mostrato l’E. in un video.

Riguardandomi come faccio spesso (anche con film e libri) con ciò che mi piace, le caratteristiche botaniche delle due resine, leggo: Elemi→Canarium Luzonicum e Dammar→Canarium Strictum
Confusione, ho consultato anche il Venerabile Maestro d’Incensi Romeo che è sempre pronto ad ascoltare i miei scleri botanici,
ma alla fine dopo mille giri, diversi libri e decine di siti in italiano e inglese (uno anche in tedesco, non vi dico a tradurre con Google) ho confermato questa strana parentela: sono due specie di Canarium: quello che fa l’Elemi (Luzonicum) è originario delle Filippine, quello che fa il Dammar (Strictum), tiene casa nel sub-continente Indiano.

Uso l'Elemi nella mia piccola pratica stregonica, in particolare quando voglio magari cambiare qualche situazione stagnante, sia a livello personale che lavorativo, quando cioè vorrei che la situazione prendesse una direzione precisa e/o definitiva. Lo uso un po' come una spada per forzare gli eventi, trovo che il suo odore pepato, sia proprio adatto per questo scopo. 

Devo ammettere che sono un po’ delusa e infastidita da queste parentele perché sono ascendente Verg
ine e quindi per me, tutto il mondo dovrebbe essere molto meglio delineato e preciso, ma portando avanti questo tipo di studi ho imparato una cosa nuova sulle piante, che le distinzione precise che vorrei tanto, in un mondo così vasto, abitato da una umanità così diversa e ancora di più, da un numero di specie vegetali così immenso, è praticamente impossibile.
Nelle sere passate in rete a cercare di “incasellare” il Canarium, faccio un altro giro del globo, arrivo in Brasile e mi imbatto nel Canarium Indicum, nome comune Icica Icariba, che bontà sua, produce il Copale Oro, scopro così che il Dammar è imparentato anche con il Copale.

Bursera
A questo punto sono disperata, ma intanto mi imbatto nel Palo Santo, li conoscente quei pezzetti di legno dal profumo (per me esageratamente) dolciastro… Anche il P.S. è una burseracea quindi cugina di Incenso e Mirra. Ma non è solo il legno profumato che si apprezza della Bursera Graveolens, bensì la sua resina, una delle più rare e costose, il Copale Nero.

Nell’ ultima colonna ho “dovuto” considerare la sottofamiglia Protieae, genere Protium Crassipetalum, il Copale bianco (trovato altrove come Copal Gold) e un’ altro tipo di Copale di cui non ho trovato dettagli.

Mi rendo conto che questo mio piccolo studio sulle Burseracee, a qualcuno potrà sembrare esagerato, i veri studiosi invece, lo troveranno carente e inesatto.
Io ho imparato (e ciò che seguirà non farà
 che confermare la mia impressione) che non è possibile classificare queste resine in maniera precisa, proprio per il discorso della varietà botanica, della variabile umana e delle differenze di tempo e spazio che si trova in mezzo a queste meravigliose creature.

Per quanto mi riguarda, non avendo alle spalle studi botanici accademici mi accontento così (ma le incongruenze sui nomi mi scocciano) e vado avanti per la mia strada.

Alla prossima puntata con Storace e Benzoino
Sara

Scuola di incenso (parte seconda). Olibano, Mirra, Elemi, Dammar, Palo Santo, Copale

domenica 6 dicembre 2020