Domenica 29 Novembre 2020 nuvolo variabile
Ascolto G. Rossini - La donna del lago - Mura Felici - Marilyn Horne
Erano
giorni in cui pensavo a cosa scrivere in questo mio povero bloggino
(la grafica non funziona, il
testo si ammucchia, non
riesco a gestirlo da iOS ecc ecc) ed era anche già un po’ che
volevo parlare di incenso,
che è
una delle mie più grandi passioni, sia a livello magico che
“ricreativo”.
Ma
per parlare di incenso (che deriva dal latino "incendere", bruciare), secondo me, prima
bisogna parlare di resine e prima ancora degli alberi che le
producono.
.
Partiamo davvero da zero dicendo che molti
alberi producono resina e
lo fanno principalmente
per
difendersi:
dalle
malattie, dai
parassiti,
da
forti venti o grandi calori,
dalle “ferite”, tagli o danneggiamenti fatti sulla corteccia per
qualsiasi motivo.
Ma
prima
di occuparci di alberi tropicali, guardiamoci intorno, guardiamo le
conifere:
Abeti,
Cedri, Larici, Pini, Ginepri
e
Cipressi, le
loro resine, per profumo e composizione, non hanno nulla da invidiare
a quelle esotiche di cui ci siamo innamorati negli ultimi due
decenni.
È possibile apprezzare ed usare le resine degli
alberi autoctoni come e con gli stessi risultati di profumazione o
purificazione, per la meditazione o
per la guarigione, basti pensare ai poteri balsamici del Pino
Silvestre.
La
resina di Abete ha un aroma “verde” e balsamico, che purifica e
arricchisce l’aria, e usato in sede di rituale, conferisce coraggio
ed energia.
Le
resine di Pino Silvestre, Abete Rosso, Abete Comune, Larice e
Ginepro, hanno un’ottima
profumazione e
non
sono difficili da reperire: lo si può fare passeggiando in un bosco meglio nel periodo estivo, perché grazie
all’evaporazione, il loro contenuto idrico risulta particolarmente
basso e di conseguenza, la qualità dell’essenza è migliore.
La
colata può essere staccata delicatamente con un coltello o una
spatola avvolta in un foglio di alluminio, e
per ottenere un buon ingrediente per la fumigazione, si dovrebbe far
essiccare la resina per circa un anno.
Solo dopo questo tempo,
essa emanerà pienamente
il proprio potere balsamico.
Dopo
due decenni in cui ci siamo occupati solo di olibano e mirra, li
abbiamo cercati, comprati e utilizzati, finalmente si stanno
riscoprendo anche le resine delle conifere aghifoglia e si
comincia anche a vederle in vendita dai fornitori abituali di resine
esotiche.
Ma
veniamo all’introduzione dell’argomento che vorrei fosse il
nocciolo di questa mia scuola di incenso
In
ambiente pagano/stregonesco, anche da chi si è avvicinato da poco a
queste pratiche/culti
si sente sempre parlare di Olibano
e Mirra, salendo di un gradino, di Storace e Benzoino, salendone un
altro di Copale e Opoponax, ma pochi vanno oltre e ancora meno si
fermano a pensare cosa sono in realtà queste sostanze e come
nascono.
Io l’ho fatto e continuo a farlo
e
continuo a stupirmi e ad appassionarmi ancora, solo che, quando
sono arrivata all’ennesima specie
dello stesso genere
di resina, non
mi bastava più conoscerne esattamente i nomi, ma ho
cominciato a chiedermi cosa ci fosse a monte: di
quale genere
è la pianta che produce questa resina? E il genere,
a quale famiglia
appartiene?
Le
resine degli
alberi tropicali,
sono
decine (forse
centinaia, ma non allarghiamoci),
e
individuare
esattamente i nomi botanici delle diverse specie per
non confonderle,
è
tanto difficile quanto importante, ovviamente se come me, si è
interessati a farlo.
Questo
lavoro
si ricollega all’altra mia passione principale, cioè le erbe,
infatti delle resine, mi interessa meno sapere quali
terpeni
contengano e da quale isola tropicale precisa provengano, la cosa che
mi interessa di più sono
le esatte famiglie,
sottofamiglie,
tribù,
generi
botanici a cui le resine stesse risalgono, perché, si scoprono certe
parentele a mio avviso molto interessanti.
Che
una resina abbia due varietà di cui una viene dalle Molucche e una
dalle Filippine, allarga enormemente il campo di studi, avvicinandosi
alla storia dalla
notte dei tempi dei
popoli dei
quattro angoli del globo e
delle loro necessità, culti
e usanze, che
è veramente, veramente
vasto (ma
non è detto che prima o poi non ci possa pensare).
In
realtà, per uso magico, una resina come l’Elemi (di cui
parleremo), che sia di una specie
o dell’altra, poco importa, è sempre Elemi, ma, parlando delle
resine in generale, il
solo fatto
conoscerne
il maggior numero possibile, per apprezzarne
le differenze di consistenza, colore,
profumo,
e
famiglie
botaniche, il discorso è
già bello ampio.
Siccome
continuo il mio pellegrinaggio fra i praticanti dei culti pagani e
per quanto riguarda questa materia continuo a sentire errori
grossolani anche da chi non me lo aspetterei, anche da chi tiene
corsi a pagamento sugli incensi, per
non scrivere inesattezze, ho tentato di documentarmi meglio
possibile:
solo
per la grandissima famiglia delle BURSERACEE che
per
fare due esempi base, comprende sia l’incenso che la mirra, ci sono
voluti
soldi in libri e
ORE di ricerche facendomi
largo tra le grandi incongruenze delle varie
fonti dovendo ricorrere anche
a
siti stranieri dove quelli italiani non arrivavano.
Ad
un certo punto mi è sembrato di avere le idee chiare, ma il tutto è
durato mezza giornata perché l’ultimo bellissimo libro che è
arrivato e che ovviamente vi citerò quando parleremo di libri, mi ha
messo altri dubbi che sto ancora cercando di chiarire.
Insomma
è una settimana che non faccio altro, la gatta mi guarda con la
solita espressione che dice: cosa fai sempre seduta li, smetti
immediatamente e amami!
Ecco l'inizio di quello che spero sarà lo studio sugli incensi più approfondito che abbia mai fatto, cosa che spero possa tornare utile anche a qualcun altro.
Sara
Leggi la seconda parte ^_^
💜💜🧙🏼
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