Leggi la PRIMA parte
Ma
adesso che ho fatto tutta questa bella introduzione da dove
comincio?
Come
abbiamo detto, gli
alberi tropicali che producono resine sono tantissimi, e prenderli
tutti in considerazione sarebbe un
studio lunghissimo,
quindi
la
scelta è venuta un po’ da se e
i
criteri sono stati pressappoco i seguenti.
Prima ho scelto l’Olibano che è l'incenso più famoso e usato e tanti suoi “fratelli”, poi la Mirra e tante sue “sorelle”; poi le altre resine che cita Matteo durante Unguentorum in Accademia (tranne il Sangue di Drago, poi vi dirò il perché), che sono: Assa Fetida, Benzoino, Storace ed Elemi; poi ho aggiunto quelle che piacciono particolarmente a me come il Dammar (e di conseguenza sono arrivata al Copale), poi volevo ASSOLUTAMENTE chiarire l’errore che si fa sempre fra Benzoino e Storace, pensando che vengano dalla stessa pianta oppure che si scambino i nomi botanici, infine volevo citare semplicemente quelle che ho avuto la fortuna di provare, e qui c’è uno dei miei punti fermi. Tutto ciò di cui vi parlo lo conosco, lo uso pressoché giornalmente, lo sperimento, lo giudico e ne parlo da due decenni.
Non
mi sentirete parlare di terpeni
(che,
dice Wikipedia: “...vengono
prodotti da molte piante soprattutto conifere e da alcuni insetti, sono i componenti principali delle resine e degli oli
essenziali delle piante, miscele di sostanze che conferiscono a ogni
fiore o pianta un
caratteristico
odore o aroma...")
perché
non ne so niente ^^’,
e
non
mi sentirete descrivere i profumi delle resine perché ogni essere
umano sente i profumi e
i sapori (e vede i colori) in modo diverso, quindi, se fossimo tutti
insieme davanti al turibolo, si potrebbe discutere circa
i
profumi
che si stanno
sentendo; così, senza “contraddittorio”, che
io vi dica che in questa resina
sento una punta di limone e in quest’altra invece, di canfora,
secondo
me è inutile.
Infine,
non sono mai stata brava a fare le corrispondenze: coi pianeti, con gli elementi ecc ecc. (e non mi sono mai
curata di quelle già belle che pronte), questo,
a Unguentorum, è compito di Matteo e caso mai, io chiedo a lui.
^^’
A questo punto qualcuno si chiederà, ma se non parli di
questo e non parli di quello, di qualcosa almeno parli?
Sì sì
amici,
vi parlo delle mie amate PIANTE.
Come
vi dicevo, resine più conosciute come l’Olibano e la Mirra, e
tutti i loro simili vengono per lo più da alberi tropicali che
spesso vivono in Oman, Etipia, Somalia, Iran, Sudan,
cioè
posticini che nel nostro limitato immaginario di occidentali
capitalisti, appaiono posti lontanissimi e inospitali e in
questo, un
po’ di verità in effetti c’è.
Tutte
le specie di Boswellie, sono minacciati dalla perdita di habitat, crescono in regioni aspre e aride, afflitte
da povertà e conflitti, la raccolta e la vendita della resina
dell'albero sono delle poche fonti di reddito per gli abitanti con la conseguenza del sovra-sfruttamento..
Ma
cominciamo proprio dalle Boswellie, che devono il loro nome a Sir John Thomas Boswell (1822-1888) e che a noi, abituati a monumentali abeti di
quaranta metri, paiono alberelli bruttini e
rinsecchiti.
Nell’immagine che segue, il genere
Boswellia è compresa nella grande famiglia
delle Burseracee, con tutti gli altri generi e specie che vi
appartengono:
Fai
clic sull'immagine per ingrandirla. (Si tratta di totale farina del
mio sacco, quindi se sei una persona onesta, per favore, non
riprodurla) È BURSERACEAE, manca una "A"
So
che adesso starete pensando che sono andata completamente giù di
barella
che
un po’ sarà anche vero, ma non preoccupatevi, non ho NESSUNA
intenzione di parlarvi di ognuna di queste piante nel dettaglio, ma
solo di farvi capire da dove vengono le resine che usiamo sia in
magia, sia semplicemente per “scopo ricreativo” e di come sono
imparentate fra loro, cosa che sinceramente a me, ha colpito molto.
Prima di tutto, voglio che sia chiaro che, se il vostro intento
sono
magia/stregoneria, NON
È ASSOLUTAMENTE NECESSARIO che possediate tutte queste resine, anzi,
in realtà potrebbe bastare anche solo l’Olibano (seee, voglio
vedervi quando inizierete ad appassionarvi! ^_^), poi che non tutte
le resine hanno un profumo del tutto gradevole: ad esempio, per me
sono gradevoli TUTTE le Boswellie al contrario delle Commiphore di
cui non me ne piace nemmeno una; mi
piacciono metà degli Elemi, e un Copale sì e tre no e così via, ma
per voi potrebbe essere tutto il contrario.
Gli schemi (e sì, questo non è l’unico ^^’) sono fatti pressappoco tutti nello stresso modo: FAMIGLIA, GENERE, SPECIE, in alcune famiglie ho dovuto inserire anche sottofamiglia e tribù, perché altrimenti i collegamenti si interrompevano e non era possibile risalire alla famiglia o da questa scendere fino alla singola specie. In alcuni casi, sottofamiglia e tribù sono stati omessi perché altrimenti, per disegnare le discendenze avrei dovuto usare fogli in A3. in alcuni casi, le sottofamiglie prendono più di un nome, perché nella storia, al momento della classificazione delle piante, magari due persone in due diversi angoli del mondo, hanno dato nomi diversi alla stessa sottofamiglia, oppure, con il passare dei secoli e delle scoperte scientifiche, conoscendole meglio, le piante sono passate da una famiglia all’ altra.
Lo
so, questo punto è un po’ incasinato, pensate a quanto ci ho
sbattuto la testa quando ho
visto che la
specie di una resina o i suoi nomi commerciali o di fantasia vengono
associati a nomi botanici (quelli in latino) diversi.
Per cui,
quelli che ho trovato li ho messi tutti:
nomi botanici, eventuali nomi
italiani ed esteri, nomi che si riferiscono alla zona
di provenienza, nomi commerciali, nomi di scopritori/osservatori, ad
esempio
la Commiphora Sessiliflora a quanto pare, l’ha scoperta il sig.
Guidotti (che
al mio paese è quello dei mobili -.-)
Uno
di questi casi sbucherà anche a proposito del mio amato
Dammar.
Burseraceae
Per quanto riguarda la prima colonna e cioè il genere
Boswellia, troviamo subito il nostro amato Olibano (dall’Arabo
al-luban, il latte) e sotto alcuni suoi fratelli. Queste resine sono anche molto diverse fra loro,
mentre l’O. si
presenta sotto forma di “lacrime” che vanno dal bianco al giallo
ocra, lo Yebahar (B.
Frereana) per
esempio sembra una corteccia grigia.
L’olibano (B. Carterii) deve il suo nome al medico inglese H.J. Carter, che nel 1846 formulò per primo una definizione botanica della pianta. Esso, viene spesso chiamato “Franchincenso”, (dal
francese franc encens, incenso di alta qualità), in
realtà la parola indica anche la
B. Sacra, la Frereana e la Serrata, (raramente la
Papyrifera).
In
questo schema ci sono solo
le B, che io ho avuto la fortuna di provare, ce ne sono molte altre,
non tutte resinose e alcune la cui resina non è adatta alle
fumigazioni.
Come vi ho detto, gran parte di questi alberi sono
in pericolo o minacciati (cioè diversi gradi di classificazione
dello stato degli esseri viventi) di estinzione.
Solo
un breve accenno alle Commiphore
per
sottolineare che sono parenti strette delle Boswellie
e che quindi Olibano
e Mirra sono resine della stessa famiglia.
Incenso…
Mirra… non vi ricordano niente insieme a qualcos’altro? Ad
esempio l’oro? Oro incenso e mirra, i doni dei tre Magi nella
mitologia della Natività Cristiana, sembra
che
anche quell’ ”oro” fosse in realtà la resina di un albero e pare
che nei
secoli e
nelle trascrizioni dall’aramaico al greco, al latino e chissà
quante
e quali
altre lingue,
la terza resina si sia trasformata in oro (Copale Oro forse?)
Dopotutto all’epoca le resine, che
si usavano per curare, per conservare, per fissare i profumi, per
imbalsamare i cadaveri, per coprire gli odori dei sacrifici animali e
nei culti religiosi,
erano più preziose
dell’oro stesso.
Nella
terza colonna ecce Canarium.
È
strano come in realtà, tutto questo monumentale approfondimento
sia
nato proprio a causa di due delle mie resine preferite, l’Elemi
e
il
Dammar,
sia cominciato tutto perché al solstizio d’ Estate, qualcuno
dell’Accademia mi aveva chiesto di parlare dell’Elemi e come,
essendo lontana, per accontentarli, avessi mostrato l’E. in un
video.
Riguardandomi
come faccio spesso (anche con film e libri)
con ciò
che mi piace, le caratteristiche botaniche delle due resine, leggo:
Elemi→Canarium
Luzonicum e Dammar→Canarium Strictum
Confusione, ho consultato anche il Venerabile Maestro d’Incensi Romeo che
è sempre pronto ad ascoltare i miei scleri botanici, ma
alla
fine dopo mille giri, diversi
libri e decine di siti in italiano e inglese (uno anche in tedesco,
non vi dico a tradurre con Google)
ho confermato questa strana parentela: sono due specie di Canarium:
quello
che fa l’Elemi (Luzonicum)
è
originario delle Filippine, quello che fa il Dammar (Strictum),
tiene
casa nel
sub-continente Indiano.
Uso l'Elemi nella mia piccola pratica stregonica, in particolare quando voglio magari cambiare qualche situazione stagnante, sia a livello personale che lavorativo, quando cioè vorrei che la situazione prendesse una direzione precisa e/o definitiva. Lo uso un po' come una spada per forzare gli eventi, trovo che il suo odore pepato, sia proprio adatto per questo scopo.
Devo ammettere che sono un po’ delusa
e infastidita da queste parentele perché sono ascendente Vergine
e quindi per me, tutto il mondo dovrebbe essere molto meglio
delineato e preciso, ma
portando avanti questo tipo di studi ho imparato una cosa nuova sulle
piante, che le distinzione precise che vorrei tanto, in un mondo così
vasto, abitato da una umanità così diversa e ancora di più, da un
numero di specie vegetali così immenso, è praticamente
impossibile.
Nelle
sere
passate in
rete a cercare di “incasellare” il Canarium, faccio un altro giro
del globo, arrivo in Brasile e mi
imbatto nel
Canarium
Indicum,
nome comune Icica
Icariba,
che bontà sua, produce il Copale Oro, scopro così che
il Dammar è imparentato anche con il Copale.
Bursera
A
questo punto sono disperata,
ma intanto
mi imbatto nel
Palo Santo, li conoscente quei pezzetti di legno dal profumo (per me
esageratamente) dolciastro… Anche
il P.S. è una burseracea
quindi cugina di Incenso e Mirra. Ma
non è solo il legno profumato che si apprezza della Bursera
Graveolens, bensì la sua resina, una delle più rare e costose, il
Copale Nero.
Nell’ ultima
colonna ho “dovuto” considerare la
sottofamiglia Protieae, genere
Protium Crassipetalum, il
Copale bianco (trovato altrove come Copal Gold) e un’
altro tipo di Copale di cui non ho trovato dettagli.
Mi
rendo conto che questo mio piccolo studio sulle Burseracee, a
qualcuno potrà sembrare esagerato, i veri studiosi invece, lo
troveranno carente e inesatto.
Io ho imparato (e ciò che
seguirà non farà che
confermare la mia impressione) che non è possibile classificare
queste resine in maniera precisa, proprio per il discorso della
varietà botanica, della variabile umana e delle differenze di tempo
e spazio che si trova in mezzo a queste meravigliose
creature.
Per quanto mi riguarda, non avendo alle spalle
studi botanici accademici mi accontento così (ma le incongruenze sui
nomi mi scocciano) e vado avanti per la mia strada.
Alla prossima puntata con Storace e Benzoino
Sara
Sempre bello ri- leggerti. Un abbraccio
RispondiEliminaRomy <3 <3 <3
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