Vi
siete mai accorti della nostra cecità?
La maggior parte di noi
trascorre la propria vita “correndo”, non fermandosi mai, guarda
ma non vede e cerca di soddisfare o per meglio dire “liquidare”
il bisogno che ognuno di noi ha di divino, di “religiosità” con
vaghi e mai approfonditi ricordi di un uomo nato in una mangiatoia e
morto ingiustamente.
Con frasi dal significato mai del tutto
chiaro, ripetute a memoria grazie a quella facoltà della mente umana
per la quale se io sento mille volte la stessa frase che ha la stessa
risposta (è anche il meccanismo della pubblicità tormentosa in tv)
alla fine sentendo la suddetta frase pronuncerò la solita risposta
anche se sto pensando a tutt'altro.
Nonostante
il ragionamento contorto, spero comunque di essermi spiegata.
Quello
che voglio dire è che può succedere che ad un certo punto della
vita, il credere a “cose” (il termine giusto è dogmi) molto
grandi altisonanti, cerimoniose ma INVISIBILI, non riscontrabili dai
nostri sei sensi, non riesca più a soddisfare questo bisogno di
religiosità, anche se tutto ci viene insegnato fin da bambini
(l’aborrito “indottrinamento dell’infanzia”).
Poi
avvengono fatti nella vita delle persone (probabilmente già scritti,
perché ricordate NULLA È MAI PER CASO) che cominciano a farci
pensare a quello che siamo, in cosa crediamo e se queste credenze
possono davvero sostenerci, aiutarci nei momenti critici della vita,
nelle centinaia di prove alle quali essa ti mette di fronte, RENDERCI
FELICI!
E se la risposta fosse NO? Allora è crisi.
A molti
è successo.
Proprio
quando stavo per aprire MaterTerra nel 2002, un’amica mi raccontava
questa cosa:
“Durante un periodo di profonda crisi religiosa,
leggevo un romanzo che come quasi tutto ciò che leggo, parla di
storie di gente lontana, e ricordo che mi è piaciuto talmente tanto
che mi sembrava strano e come avessi pianto all'ultima pagina.
Perché
ho pianto? Perché la storia di persone che adoravano e chiamavano
"Dio” un fiume, mi ha toccata così tanto in un periodo così
nero in cui non riesco a ricominciare a vivere, a trovare conforto in
nulla?
Poi ho cominciato a pensare che queste persone con le
loro invocazioni non pregavano un dio invisibile, assente, che non
interviene ne in bene ne in male, bensì una Madre molto, molto
grande, che risponde ogni giorno, ogni momento!
E loro
invocavano e ringraziavano il sole, che faceva maturare il grano,
perché ogni giorno ritorna a risplendere, ringraziavano il fiume che
(grazie alla stagione delle piogge a monte), con la sua piena rendeva
fertili i campi…“
Allora
io le dissi:
"Essi li chiamavano Dei, noi chiamiamo il
tutto semplicemente "NATURA”
Sara
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